ianetgiac

IanetGiac
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IanetGiac è un duo artistico formato da Ian Bertolucci e Giacomo Salerno, partner sia a livello lavorativo che sotto ogni altro punto di vista.
La nostra ricerca è incentrata sul corpo, su come esso venga concepito a seconda del suo genere di appartenenza ed alla sua relativa performatività. L’iconografia di riferimento principale trova le sue radici nell’estremo artificio della bellezza nella vecchia hollywood, convenendo in un linguaggio raffinato, che vuole stravolgere significante e significato degli elementi cardine di una società contemporanea chiusa ed omofoba.

1. Dollhouse
Courtesy collezione Enegan
La fotografia presenta un autoritratto degli autori, all’interno di Palazzo Cybo Malaspina, sede dell’Accademia di Belle Arti di Carrara. Il contesto scelto vuole rimandare all’idea della fortezza come luogo in cui, oltre a trovare protezione, chi vive al suo interno ha la possibilità di coltivare un microcosmo distante dall’opinione pubblica, dai pericoli e dalle discriminazioni sociali, libero di vivere nella sua intimità la differenza che lo separa da ciò che è socialmente accetto.
La fotografia è parte della serie “Doll Parts”.

2-3. Doll Parts
In questa serie di auto-ritratti ciò che viene indagato è l’identità di genere della persona, intesa come percezione dell’individuo all’interno della società contemporanea.
I ruoli che assumiamo, le varie figure professionali, la posizione che occupa l’io tra gli altri è definita da una serie di tratti, che non hanno niente a che vedere con la natura sessuale biologica dell’individuo, come il codice vestiario ed il modo di porre il relazionare il proprio essere nello spazio, attraverso postura, tono vocale e gestualità del corpo.
Il riferimento alla figura della bambola vuole indicare la profonda oggettificazione del corpo nella nostra struttura sociale, che attraverso vari interventi artificiali su di esso ci definisce, agli occhi degli altri, di un genere piuttosto che dell’altro.

4. Doll Parts
In questa installazione e performance gli artisti fanno emergere indicatori arbitrari di genere come abbigliamento, postura, tono di voce e gestualità, mostrando come essi influenzano l’identità di ciascuno. Il boudoir nasce come stanza o spazio privato in cui abbandonarsi ad intime confidenze, non è soltanto il postodove imbellettarsi il viso ma anche un luogo intimo dove si accolgono e intrattengono gli ospiti. Un mondo ovattato in cui ci si libera delle proprie inibizioni e regole sociali, concedendosi le più disparate esperienze sensoriali, fatte di stoffe pregiate, profumi e disinibizione. Storicamente la fotografia entra nel boudoir per celebrare e documentare il proprio corpo, inizialmente solo ad uso privato come dono per i propri amanti; le immagini non vogliono rappresentare il corpo come simbolo ma il soggetto nella sua più intima e privata immagine di se. La performance nasce proprio da questo, vuole ricreare uno spazio privato dove i soggetti vivono in modo intimo la propria routine, una sorta di camera dove affermare la propria performatività di genere, avvalendosi di una ritualità che permette al genere di diventare un vero genere, arrivandoci proprio attraverso la ripetizione collettiva di una serie di atti che portano al genere finale. Quest’aspetto viene documentato da una polaroid messa a disposizione del pubblico, che sceglierà in quali momenti scattare così una collezione privata di immagini personali, scatti destinati al piacere visivo dei presenti, il risultato che ne deriva è la documentazione di se che nasce è si sviluppa come caratteristica nutrita da componenti emozionali, psicologiche comportamentali e feticistiche di queste terze persone.

5. Eternity’s Act
Grazie alla presenza dell’installazione “Eternity”, si propongono a San Quirico le condizioni adatte per attuare la performance Eternity’s Act (2018). Il cimitero degli eterni ossia degli artisti, ideato da Maurizio Cattelan e realizzato dagli studenti dell’Accademia di Carrara, viene concepito da Ian Bertolucci e Giacomo Salerno come un ready-made, una scenografia perfetta all’interno della quale incarnano due vedove, in visita al camposanto. I performer sono disposti a concedere le loro lacrime e il loro tempo, alla contemplazione, alla memoria degli artisti e a condividere con i presenti, il dolore inconsolabile per la loro perdita. L’estetica dei personaggi ammicca alla Hollywood degli anni venti ed evoca, per atteggiamenti e presenza, le figure glamour ed artefatte, della celebrità americane della prima metà del ‘900.