Dario Moalli

[WHO]

Marke Fisher, Xenoleft, Vrps ovvero il Sinistralibro. Tabita Rezaire, Jon Rafman, Roman Opalka ovvero Roberto Longhi. Jannacci, Arctic Monkeys, Oasis ma anche gli Underground Resistance. Basket, dita storte, ginocchia mal messe, sei anelli. Amazon, le Zebre. 

[WHAT]

Stralcio 1:

Sono del parere che la nostra generazione abbia prodotto una contro-cultura troppo debole, forse troppo (an)estetizzata e per questo troppo velocemente assorbita dal sistema produttivo. Credo anche che spetti a noi la risposta a una domanda epocale: riuscire a ripensare un futuro, che non preveda l’attuale assetto economico-sociale e culturale. Ci troviamo all’interno di un paradossale compromesso per cui, come asserisce Alain Badiou, «la nostra democrazia non sarà perfetta, ma è meglio di una dittatura truculenta. Il capitalismo è ingiusto, d’accordo, ma non è criminale come lo stalinismo. […] Uccidiamo iracheni con le nostre bombe, ma non tagliamo le gole come in Ruanda». Non mi è ancora chiaro se questa impasse sia causata da noi, dalla nostra insufficienza intellettuale, dalla nostra pochezza umana; o se tutto questo sia in realtà una conseguenza [di dove e come siamo cresciuti ed educati].

Stralcio 2:

Ogni shock, ogni crisi produce un riassestamento, dei cambiamenti. Dopo la crisi del 2008 nessuna nuova idea si è realmente impossessata del nostro immaginario futuro, tutto è rimasto com’era, anzi molte cose sono peggiorate. Oggi con la nuova crisi che inevitabilmente arriverà le idee e le ricette sembrano essere sostanzialmente le stesse ma con numeri più grossi. Se la cultura verrà ancora più abbandonata, esaurita questa crisi non solo ci ritroveremo peggio di oggi, ma saremo anche profondamente diversi come società: ancora più divisi, arrabbiati, irrequieti e persi. 

[links]